Nel blog di Eva Basile si trovano alcune interessanti considerazioni sul lavoro artigianale fatto in "serie", cioè in quantità consistenti, e sulla possibilità (e l'opportunità o meno) di venderlo ad un prezzo accettabile sia per chi lo esegue che per chi lo acquista.
Il valore del lavoro artigianale è un argomento dalle mille facce, e probabilmente non esiste un unico modo "giusto" per dare un "prezzo" ai propri lavori, ma sicuramente le osservazioni di Eva Basile possono stimolare ulteriori riflessioni.
Il valore di quello che facciamo sicuramente non si misura con un controvalore in denaro: per quanto mi riguarda, mi sento già pagata (meglio: appagata) mentre vedo nascere qualcosa dalle mie mani, piccolo o grande, bello o brutto che sia. Mentre lavoro, so già di aver guadagnato qualcosa imparando da quello che sto facendo.
Però è anche vero che riuscire a vendere qualcuno dei propri lavori è un modo per rendere fruttuoso il proprio imparare, o un mezzo per avere la possibilità di continuare ad investire in tempo e materiali per potersi ancora dedicare alla propria passione...
Ed è inoltre vero che (purtroppo) spesso le persone giudicano il valore delle cose fondandosi sul loro prezzo: se costa tanto, vale tanto; se costa poco, è una cosa di poco valore... è un ragionamento che viene applicato un po' ovunque, anche laddove non ha proprio senso (quante volte, davanti ad opere d'arte meravigliose - non fatte da me, ovviamente, ma da Monet, Caravaggio, Van Gogh... lavoro nei musei! -, mi sono sentita chiedere "quanto potrebbe costare?", come se davvero l'unico mezzo per capirne l'importanza fosse dargli un prezzo monetario! mi arrabbio, certo, ma soprattutto mi fa una gran tristezza)
Non tanto come tessitrice, ma come lavoratrice in generale, sto faticosamente imparando a non accettare lavoro da chi cerca di svalutarlo al di sotto del limite della decenza, con due motivazioni fondamentali:
- vuol dire che pensi che il mio lavoro valga proprio poco; se vale poco, evidentemente chiunque è in grado di farlo, e allora fallo da te;
- se chiedi un ribasso eccessivo, vuol dire che non ti dispiacerebbe averlo gratis; ma se devo regalare il mio lavoro, lo regalo a chi voglio io!
Paradossalmente, preferisco lavorare gratis piuttosto che essere ricompensata in maniera inadeguata: la persona che riceve qualcosa gratis rimane comunque in qualche modo debitrice, mentre chi la paga (anche scandalosamente poco) pensa di aver risolto l'affare ed essere a posto.
Non vorrei sembrare stupidamente spocchiosa, anche perchè di lavori gratis e di lavori con fregatura me ne sono capitati diversi e ne capitano ancora.
Penso però che il rispetto di se stessi e del proprio lavoro, visto come vanno le cose, passi anche attraverso il valore che ci diamo, mettendo in equilibrio una giusta dose di umiltà e una giusta dose di autostima, senza eccedere nell'una e nell'altra... (e non è per niente facile!)
grazie Anna, leggerò con attenzione: mi sembra che si sia sollevato un dibattito ben vivo!
RispondiEliminaCondividio pienamente il tuo ragionamento.
RispondiEliminaE' molto carino anche il tuo blog e soprattutto utile. Grazie! Cristina (tessitrice)
nell'associarmi con convinzione alle tue considerazioni, colgo l'occasione per x complimentarmi e ringraziarti per questo blog.
RispondiEliminaMonica(tessitrice)