La tessitura a “pibionis” (o “pibiones”, parola che vuol dire “acino d'uva” e si riferisce all'aspetto del tessuto) è tipica della Sardegna. Si esegue su armatura di base a tela o, più frequentemente, a saia 2/2.
Sulla tessitura di fondo si lavorano i “pibionis” disposti seguendo un disegno prestabilito su carta quadrettata; i pibionis sono lavorati con la stessa trama del fondo, che viene manipolata in modo da formare degli anelli in rilievo secondo il disegno.
Si procede così: si fa una passata di trama e si lascia il passo aperto; con le dita si prende il filo e lo si tira leggermente in corrispondenza dei punti segnati sul disegno: si forma così un anellino di filo che viene messo su un ferro da maglia appoggiato in orizzontale sul tessuto; si procede così fino ad aver messo sul ferro tutti gli anellini (pibionis) necessari per quella riga seguendo il disegno. Si cambia passo e si fa una passata di trama; si batte bene e si sfila il ferro.
Si possono variare a piacere la grossezza dei pibionis, che è determinata dallo spessore del filato e dalla grandezza del ferro, e il numero di passate tra una fila di pibionis e l'altra.
Nell'esempio dell'immagine in alto, che è uno dei più tradizionali per quanto riguarda la tecnica, la trama di fondo è il filato sottile di lino o cotone e tra una fila di pibionis e l'altra sono state fatte tre passate di trama a saia. La trama dei pibionis è invece di lana piuttosto grossa.
I pibionis devono sempre risultare allineati, quindi la trama dei pibionis va passata sempre quando si apre lo stesso passo.
Per esempio: con il filo sottile si fanno tre passate di trama con movimento licci 1-2, 2-3 e 3-4; filo grosso e pibionis sempre all'alzata dei licci 4-1; in questa maniera il filo con cui si lavorano i pibionis una volta passa da destra a sinistra e una volta da sinistra a destra, perciò ci vuole un po' di manualità per procedere a sollevare i pibionis una volta in una direzione e una volta nell'altra.
Si può anche usare sempre lo stesso filato un po' grosso per la trama. In questo caso è meglio usare l'armatura tela e procedere così: una passata a tela (alzata licci 1-3), battere; una passata a tela (alzata 2-4) lavorando i pibionis; cambiare passo (1-3) inserire la trama e battere forte, cambiare passo (2-4) e lavorare i pibionis, e così via, battendo sempre - con decisione - solo nella passata di trama in cui non si fanno i pibionis.
In questo modo ci si trova a lavorare i pibionis sempre nella stessa direzione, quindi sta all'attenzione del tessitore cercare di trovarsi nella direzione che gli risulta più comoda.
Si tratta di una tecnica di non difficile esecuzione, anche se purtroppo la descrizione a parole fa sembrare tutto molto più complicato di quanto non sia! In realtà occorrono solo pazienza e attenzione nel seguire il disegno. L'ideale sarebbe vedere una tessitrice che esegue una fila di pibionis e tutto diventa più chiaro; purtroppo non sono riuscita a trovare nel web un video utile... solo in questo servizio su YouTube, per pochi secondi (dal minuto 6:05 al 6:09), si vede come il filo della trama viene manipolato per formare gli anelli che vengono messi sul ferro.
Questi appunti sono frutto della chiacchierata e delle informazioni fornitemi dalla direttrice della Cooperativa "Su Marmuri" di Ulassai, che ringrazio.
L'immagine è invece presa da qui.
mercoledì 28 luglio 2010
venerdì 23 luglio 2010
Colori e tintura naturale
Durante la Fiera delle Ciliegie a Lanusei (Ogliastra, Sardegna) ho avuto la possibilità di assistere ad una dimostrazione di tintura naturale. I colori erano ottenuti con le erbe locali, spesso considerate infestanti e quindi non coltivate appositamente, ma raccolte nelle campagne.
Mi hanno spiegato che, salvo che per il mallo di noce e le galle di quercia (che non necessitano di alcuna preparazione preliminare), il procedimento è praticamente lo stesso per tutti i colori.
Le tinture naturali funzionano solo sui tessuti di origine vegetale (lino, cotone) o animale (lana, seta).
Si può tingere direttamente il tessuto, oppure il filato avvolto in matasse legate in maniera morbida.
Dapprima si prepara il filato o il tessuto con una mordenzatura: la lana viene bollita per circa un'ora in una soluzione di allume, poi la matassa viene lasciata raffreddare e messa ad asciugare. Questa operazione serve a preparare le fibre ad accogliere il colore, che così si fisserà in maniera permanente dopo la tintura.
Il bagno di tintura vero e proprio consiste nella bollitura (almeno un'ora, ma a seconda dell'intensità desiderata si può prolungare) della lana o del tessuto nell'acqua in cui sono state messe a cuocere le piante tintorie nella proporzione di 2:1 (2 etti di pianta verde per ogni etto di lana). Tempi e quantità si possono variare a seconda dell'effetto finale desiderato. Una volta raffreddato il bagno di colore, la matassa o la stoffa si sciacqua a lungo, finché l'acqua del risciacquo non rimane limpida. Poi si mette ad asciugare all'ombra.
Lo stesso bagno di colore si può riutilizzare per la tintura di altra lana o tessuto, ottenendo una tonalità più chiara. Oppure si possono aggiungere al bagno solfato di rame o solfato ferroso, che "sviluppano" il colore, rendendo più vivaci i verdi e più intensi i neri e i grigi.
Come si vede dalle foto, i colori che si possono ottenere sono moltissimi e le sfumature praticamente infinite. I tintori si divertono a sperimentare nuove piante ed è molto interessante sia il recupero di un sapere antico e tradizionale, sia la possibilità di trovare usi nuovi per vegetali considerati spesso "erbacce".
Il rosso si ottiene dalla robbia, mentre i tintori ogliastrini che ho incontrato hanno preferito escludere dalla loro ricerca cromatica il blu, che si può ottenere con la pianta del guado, che però non cresce nella zona e si dovrebbe perciò "importare" dall'Italia centrale.
Nell'esperienza-laboratorio delle scuole di Bolotana si trovano interessanti informazioni sulla tintura naturale in Sardegna (in italiano).
Mi hanno spiegato che, salvo che per il mallo di noce e le galle di quercia (che non necessitano di alcuna preparazione preliminare), il procedimento è praticamente lo stesso per tutti i colori.
Le tinture naturali funzionano solo sui tessuti di origine vegetale (lino, cotone) o animale (lana, seta).
Si può tingere direttamente il tessuto, oppure il filato avvolto in matasse legate in maniera morbida.
Dapprima si prepara il filato o il tessuto con una mordenzatura: la lana viene bollita per circa un'ora in una soluzione di allume, poi la matassa viene lasciata raffreddare e messa ad asciugare. Questa operazione serve a preparare le fibre ad accogliere il colore, che così si fisserà in maniera permanente dopo la tintura.
Il bagno di tintura vero e proprio consiste nella bollitura (almeno un'ora, ma a seconda dell'intensità desiderata si può prolungare) della lana o del tessuto nell'acqua in cui sono state messe a cuocere le piante tintorie nella proporzione di 2:1 (2 etti di pianta verde per ogni etto di lana). Tempi e quantità si possono variare a seconda dell'effetto finale desiderato. Una volta raffreddato il bagno di colore, la matassa o la stoffa si sciacqua a lungo, finché l'acqua del risciacquo non rimane limpida. Poi si mette ad asciugare all'ombra.
Lo stesso bagno di colore si può riutilizzare per la tintura di altra lana o tessuto, ottenendo una tonalità più chiara. Oppure si possono aggiungere al bagno solfato di rame o solfato ferroso, che "sviluppano" il colore, rendendo più vivaci i verdi e più intensi i neri e i grigi.
Come si vede dalle foto, i colori che si possono ottenere sono moltissimi e le sfumature praticamente infinite. I tintori si divertono a sperimentare nuove piante ed è molto interessante sia il recupero di un sapere antico e tradizionale, sia la possibilità di trovare usi nuovi per vegetali considerati spesso "erbacce".
Il rosso si ottiene dalla robbia, mentre i tintori ogliastrini che ho incontrato hanno preferito escludere dalla loro ricerca cromatica il blu, che si può ottenere con la pianta del guado, che però non cresce nella zona e si dovrebbe perciò "importare" dall'Italia centrale.
Nell'esperienza-laboratorio delle scuole di Bolotana si trovano interessanti informazioni sulla tintura naturale in Sardegna (in italiano).
mercoledì 14 luglio 2010
Quaranta !
Quarantesimo post e quarantesimo anno per me!
Per festeggiare questo piccolo traguardo, è arrivata questa meraviglia: una macchina per cucire Singer che di anni ne ha un centinaio!!! Oltre ad essere bellissima e funzionante, ha tutte le sue cosine: gli accessori nella scatola originale, il libretto delle istruzioni, un vecchio rocchetto di filo e la sua cappottina di legno...
E' troppo bella per non mostrarla subito!
Grazie!
Per festeggiare questo piccolo traguardo, è arrivata questa meraviglia: una macchina per cucire Singer che di anni ne ha un centinaio!!! Oltre ad essere bellissima e funzionante, ha tutte le sue cosine: gli accessori nella scatola originale, il libretto delle istruzioni, un vecchio rocchetto di filo e la sua cappottina di legno...
E' troppo bella per non mostrarla subito!
Grazie!
martedì 6 luglio 2010
Viaggio in Sardegna
Una decina di giorni bastano appena per affacciarsi su quel mondo incredibile che è la Sardegna.
Non quella del mare, bellissimo e trasparente, ma quella dell'interno, della montagna, della storia, della gente cordiale e taciturna.
Le strade e i chilometri sono un'altra cosa, in Sardegna. Qui più che altrove vale la regola che è il viaggio quello che conta, non la meta.
Così il lungo percorso verso i nuraghi di Barumini si è trasformato in una deviazione verso Ulàssai, con le opere di Maria Lai, la Stazione dell'Arte e una piacevole chiacchierata con la tessitrice direttrice della Cooperativa "Su Marmuri". Tutto un altro itinerario, ma una scoperta emozionante, culminata nel riconoscere nella striscia di tessuto azzurro, attaccata ad una parete del laboratorio, un pezzo del nastro di Legarsi alla montagna.
Non quella del mare, bellissimo e trasparente, ma quella dell'interno, della montagna, della storia, della gente cordiale e taciturna.
Le strade e i chilometri sono un'altra cosa, in Sardegna. Qui più che altrove vale la regola che è il viaggio quello che conta, non la meta.
Così il lungo percorso verso i nuraghi di Barumini si è trasformato in una deviazione verso Ulàssai, con le opere di Maria Lai, la Stazione dell'Arte e una piacevole chiacchierata con la tessitrice direttrice della Cooperativa "Su Marmuri". Tutto un altro itinerario, ma una scoperta emozionante, culminata nel riconoscere nella striscia di tessuto azzurro, attaccata ad una parete del laboratorio, un pezzo del nastro di Legarsi alla montagna.
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